IL FATTO
Nell’anno 2012 un padre donava alle proprie due figlie la metà indivisa di un immobile sito in Palermo.
Nei successivi anni, il padre delle due ragazze stipulava con la Banca un contratto di aumento di mutuo e si costituiva fideiussore della società di cui esso era il rappresentante, rispettando puntualmente le rate di rientro.
Tuttavia, a seguito di difficoltà economiche, nel 2017 si registrava un ritardo nel pagamento delle rate di rientro del mutuo e la Banca, dopo aver costituito in mora il padre delle due ragazze, chiudeva ogni rapporto bancario e otteneva un decreto ingiuntivo, ai danni dello stesso, per il pagamento di quanto ancora dovuto.
Avendo appreso che nel 2012 il padre aveva donato l’immobile alle due figlie, nel 2017 la Banca avviava un procedimento avanti il Tribunale di Palermo chiedendo la revocazione dell’atto di donazione, sostenendo che tale immobile era l’unico bene su cui potersi rivalere per il credito vantato.
IL DIRITTO
Cos’è l’azione revocatoria che ha intrapreso la Banca? A cosa serve?
L’azione revocatoria è quell’azione con cui il creditore (la Banca nel nostro caso), che teme che il proprio debitore si spogli dei suoi beni per non pagare i suoi debiti, faccia dichiarare inefficace ed inopponibile, nei suoi confronti, l’atto di trasferimento del bene (vendita, vendita simulata, donazione).
Tale azione serve per garantirsi che l’immobile rimanga di proprietà del debitore per poi, eventualmente, pignorarlo.
Nel nostro caso, la Banca citava in giudizio padre e figlie sostenendo che l’immobile che era stato donato era l’unico bene su cui poteva rifarsi delle somme che ancora vantava.
Il padre e una delle due figlie (rappresentati e difesi dall’avv. Sandro Di Carlo e Giancarlo Pellegrino – in foto) si sono opposti all’azione della Banca sostenendo la mancanza di una dolosa preordinazione del donante quale comportamento del debitore volto a sottrarre i beni al creditore e sostenendo che il patrimonio del donante, all’epoca dell’atto di donazione, era perfettamente in grado di coprire l’esposizione debitoria ammontante all’epoca.
In altre parole, la difesa ha sostenuto che non ci sono mai stati raggiri preordinati a sottrarre il bene e non c’è mai stato alcun danno per la Banca.
Con la sentenza in commento (clicca qui per scaricarla), il Tribunale di Palermo ha respinto la domanda della Banca poiché, in accoglimento delle difese dei convenuti, ha ravvisato come inesistenti i presupposti che la legge stabilisce per poter esperire l’azione revocatoria.
Ciò significa che, poiché la Banca non ha provato la mala fede del donante ed il danno subito, la casa è salva.