Il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli è stabilito dalla nostra Costituzione.
Il codice civile prevede che entrambi i genitori devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli (mantenendoli, istruendoli ed educandoli) in proporzione alle sostanze di ognuno e secondo la propria capacità di lavoro professionale e casalingo.
Nel corso del matrimonio non esistono regole rigide per il mantenimento dei figli, ma le cose cambiano una volta che i coniugi decidono di separarsi: in tal caso, infatti, spetta al giudice adottare tutti quei provvedimenti ritenuti necessari per soddisfare gli interessi morali e materiali dei figli.
In caso di figli minori, il mantenimento spetta al genitore collocatario (cioè il genitore con cui i figli stanno per la maggior parte del tempo e presso il quale viene fissata la residenza anagrafica), mentre in caso di figli maggiorenni spetta a quello convivente; il versamento diretto del mantenimento al figlio maggiorenne può essere effettuato solo nel caso in cui quest’ultimo ne faccia specifica richiesta.
L’importo del mantenimento può essere stabilito dal giudice, ma può anche costituire oggetto di accordo tra i coniugi stessi.
Per stabilire l’importo del mantenimento il giudice deve tenere conto di diversi parametri: innanzitutto bisogna prendere in considerazione i bisogni dei figli ed il tenore di vita goduto da costoro nel corso del matrimonio o della convivenza dei genitori, bisogna poi considerare le risorse economiche di ciascun coniuge, i compiti di cura ed aiuto domestico, il tempo trascorso con i figli.
Solitamente la forma con cui si provvede al mantenimento è l’assegno, ma è possibile utilizzare anche altri modi, ad esempio pagando una somma di denaro una tantum (versando cioè in favore del figlio maggiorenne un importo di denaro in un’unica soluzione piuttosto che l’assegno di mantenimento periodico).
La somma stabilita a titolo di mantenimento dal giudice è sempre modificabile nel caso in cui vi siano mutamenti positivi o negativi delle condizioni economiche delle parti (si pensi ad esempio all’ipotesi in cui il coniuge che deve versare il mantenimento perda il lavoro; in tal caso la somma può essere diminuita tenendo conto delle ristrettezze economiche sopravvenute).
Fino a quando dura il mantenimento dei figli maggiorenni.
Il nostro sistema prevede che, nel caso di separazione fra i genitori, l’obbligo al mantenimento dei figli perduri oltre alla maggiore età qualora costoro non siano in grado di provvedere in modo autonomo alle proprie esigenze di vita, né si siano ancora svincolati dall’habitat domestico.
Prefissare un termine di durata dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non è pertanto possibile.
In generale, l’obbligo cessa quando il figlio raggiunge l’indipendenza economica o costruisce una nuova famiglia autosufficiente.
L’obbligo termina anche quando, pur essendo stato messo nella condizione di farlo, il maggiorenne non ha saputo o non ha voluto – per sua scelta o per sua colpa (per es. trascuratezza) – raggiungere l’autonomia economica dai genitori.
La Corte di Cassazione ha chiarito al riguardo che l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli maggiorenni cessa a seguito del raggiungimento, da parte di quest’ultimi, di una condizione di indipendenza economica che si verifica con la percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita ovvero quando il figlio, divenuto maggiorenne, è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta.
Il giudice, nel disporre l’assegno di mantenimento, deve valutare la diligenza del figlio nella ricerca di un’occupazione al termine degli studi.
Pertanto il tribunale può estinguere il diritto alla corresponsione dell’assegno qualora la condizione di non autosufficienza economica del giovane sia dipesa da una sua inerzia o rifiuto ingiustificato.
L’obbligo di mantenimento cessa comunque quando il figlio maggiorenne contrae matrimonio e crea un nuovo nucleo familiare, salvo persista lo stato di bisogno e la necessità di mezzi di sostegno per vivere.
Vi è da dire, infatti, che la Corte di Cassazione ha ritenuto che fosse comunque sussistente l’obbligo al mantenimento nei confronti della figlia maggiorenne nonostante si fosse sposata, poiché sia lei che il neo marito erano ancora studenti, privi di autonomia economica e ancora conviventi con i genitori.
Al raggiungimento della maggiore età del figlio, il coniuge onerato del mantenimento (in caso di separazione tra i coniugi) non può autonomamente provvedere ad autoridursi o eliminare del tutto il contributo che versa al figlio; al contrario, egli deve instaurare un giudizio davanti al giudice, volto ad ottenere la modifica delle condizioni di separazione o divorzio.
Infatti il solo raggiungimento della maggiore età del figlio o la sua acquisita autosufficienza economica non liberano, in automatico, il genitore onerato dal versargli il mantenimento; perché ciò avvenga è necessario un provvedimento del giudice.
L’assegno di mantenimento non è più dovuto qualora il figlio maggiorenne abbia iniziato con carattere di stabilità un’attività lavorativa conforme alla professionalità acquisita.
Con una recente pronuncia il Tribunale di Modena ha affermato che con il superamento di una certa età il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende meritevole dei diritti di assistenza familiare che la legge stabilisce in favore della persona che si trova in stato di bisogno (i cosiddetti alimenti), ma non più del diritto al mantenimento.
Se il figlio perde la propria indipendenza economica ha nuovamente diritto di essere mantenuto dai genitori?
Se il figlio ha trovato un impiego stabile che lo ha reso economicamente autosufficiente, ma poi lo perde, non risorge l’obbligo di mantenimento per i genitori; l’obbligo infatti si è estinto definitivamente con il raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio.
Il figlio disoccupato non può quindi reclamare l’assegno di mantenimento; ma, se ne ricorrono i presupposti, può chiedere la corresponsione degli alimenti.