Per edificare un immobile o realizzare un intervento edilizio la legge italiana esige che il soggetto interessato richieda il permesso di costruire, ottenendo il rilascio di un provvedimento, da parte del Comune, che autorizzi il cittadino ad edificare o ristrutturare un immobile seguendo il progetto presentato.
In mancanza di tali adempimenti o in caso di violazione delle prescrizioni contenute nel permesso regolarmente ottenuto o in difformità al progetto presentato, le costruzioni, gli ampliamenti o gli interventi comunque realizzati si ritengono abusivi, cioè contrari alle leggi.
Innanzitutto bisogna dire che gli abusi edilizi in parziale difformità sono quegli abusi che si verificano quando è comunque stato regolarmente richiesto ed ottenuto un permesso di costruire (il permesso quindi esiste), e la parziale difformità dal permesso di costruire si verifica tutte le volte in cui le modificazioni tra quanto fu progettato e quanto è stato realizzato interessino elementi comunque particolari e non essenziali della costruzione.
Se, invece, l’intervento realizzato o l’elemento costruito è del tutto diverso da quello che risulta dal progetto (e, quindi, dal permesso di costruire) ci troviamo davanti ad un intervento o ad un’opera in totale difformità (e, quindi, ad un abuso non piccolo).
Fatta questa premessa, occorre dire che la legge prevede che, in caso di accertata parziale difformità, la sanzione principale è sempre la demolizione, ordinata dal Comune, a cura e spese dei responsabili (ivi compreso l’attuale proprietario dell’immobile anche se è estraneo alla realizzazione dell’abuso).
Se, però, la demolizione non può essere eseguita senza che sia arrecato un danno alla parte dell’immobile eseguita in conformità, la sanzione della demolizione sarà sostituita con una sanzione pecuniaria.
Tralasciando l’aspetto penale relativo al reato di abusivismo edilizio e concentrandoci solo sull’aspetto amministrativo, in presenza di alcuni presupposti, il cittadino può porre rimedio al problema mediante la sanatoria edilizia, ovvero grazie a un provvedimento, ottenuto dopo un particolare iter amministrativo, in grado di rendere legale un’attività precedentemente considerata illecita.
Partiamo, dicendo che la legge individua alcuni casi nei quali, anche se c’è una difformità tra il progettato e l’opera realizzata, non ritiene necessario né ordinare la demolizione dell’opera abusiva, né sanzionarla.
Infatti, in presenza di distacchi, cubatura o superficie coperta che non superino, per ogni singola unità abitativa, il 2 per cento delle misure progettuali, la legge esclude l’abuso edilizio e, quindi, la necessità di sanatoria.
Se, invece, l’abuso riguarda porzioni superiori a tale soglia, si renderà necessario, e quanto mai consigliabile, procedere a sanare la parte abusiva dell’immobile.
Le norme che disciplinano l’istituto della sanatoria edilizia sono gli artt. 36 e 37 del DPR 380/01, Testo Unico dell’Edilizia.
Tale disposizione prevede che il permesso in sanatoria possa essere concesso solamente ricorrendo la c.d. doppia conformità.
Il provvedimento, cioè, può essere rilasciato solamente nel caso in cui l’opera realizzata, pur non autorizzata, sia rispettosa della disciplina urbanistica ed edilizia comunale vigente al momento della realizzazione dell’opera ed a quella vigente al momento della richiesta della sanatoria (possono anche non coincidere).
In altre parole, l’abuso è solamente formale ed è, appunto, sanabile.
In tutti i casi sopra esaminati, infatti, l’abuso è rappresentato dalla mera mancanza delle prescritte autorizzazioni o dalla difformità delle opere realizzate rispetto a quelle previste nel progetto approvato; l’intervento effettuato, però, risulta rispettoso della vigente disciplina urbanistico-edilizia e non integra, pertanto, un abuso sostanziale.
Legittimati a richiedere il permesso in sanatoria sono il responsabile dell’abuso (cioè, in linea di massima, il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore) oppure l’attuale proprietario dell’immobile.
A questo punto, l’interessato dovrà, opportunamente assistito da un tecnico, presentare un’istanza di sanatoria, dopo aver ricevuto l’ordinanza di demolizione, dimostrando che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso, sia al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria;
Il Comune, entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza, dovrà pronunciarsi in merito; se non si pronuncia entro sessanta giorni la domanda si intende respinta.
In caso di accoglimento, il rilascio del permesso in sanatoria è comunque subordinato al pagamento a titolo di oblazione del doppio del costo di costruzione (il costo di costruzione è determinato da ciascuna Regione con proprio provvedimento ed aggiornato periodicamente).
Va rilevato, infine, che in presenza di tutti i requisiti previsti per ottenere la sanatoria, ivi compreso quello della doppia conformità, viene meno la discrezionalità amministrativa, poiché l’ente risulta vincolato a concedere il permesso.
Ciò rende contestabile la condotta amministrativa sia sotto il profilo del silenzio-rifiuto, che sotto quello del silenzio-inadempimento e l’eventuale atto di diniego può validamente essere impugnato avanti al giudice amministrativo.