Se è vero che con la celebrazione del matrimonio si forma un legame indissolubile fra marito e moglie in cui nascono diritti e doveri, è anche vero che non si possono imporre determinati obblighi al coniuge.
Ci riferiamo, in particolare, all’ipotesi del marito che impone alla moglie, a tutti i costi, la consumazione di un rapporto intimo contro la sua volontà, utilizzando anche minacce.
Ebbene, diciamo fin da subito che il legame matrimoniale non giustifica le pretese sessuali di un coniuge nei confronti dell’altro se quest’ultimo non vi acconsente.
Il marito, pertanto, non può imporre alla moglie la consumazione di un rapporto sessuale se quest’ultima non è consenziente, dovendo sempre garantire il rispetto della dignità della persona e della donna in particolare che non può ne deve essere usata come strumento di piacere.
Sul tema è intervenuta di recente la Corte di cassazione che, con sentenza numero 46051/2018, ha chiarito che per il lecito compimento del rapporto sessuale è sempre indispensabile la costante presenza del consenso delle parti coinvolte, “non esistendo, in particolare, alcun diritto del marito al soddisfacimento dei propri istinti sessuali“.
La Corte, difatti, ha confermato la sentenza con il quale il marito era stato condannato alla pena di 2 anni e 6 mesi di reclusione per aver costretto in più occasioni la moglie a subire atti sessuali contro la sua volontà, minacciandola e picchiandola in caso di rifiuto e per aver tentato in un’occasione di costringerla di nuovo non riuscendovi solo per il pronto intervento delle figlie.
Oltretutto l’imputato, nel corso del giudizio, aveva tentato di negare gli addebiti a suo carico accusando senza scrupoli i familiari, tra i cui una figlia gravemente malata.
Tutte circostanze che non riescono a salvarlo dalla condanna né a rendere questa più lieve.