In questo periodo moltissimi soggetti giuridici, privati o imprenditori, si sono trovati in grave difficoltà in conseguenza delle restrizioni imposte dai decreti governativi sulla libertà di circolazione ed a quella di poter svolgere determinate attività commerciali.
Oltre all’evidente disagio di natura personale, molti soggetti si sono quindi trovati ad essere gravati di un canone di locazione senza per contro poter godere dell’immobile locato o, quantomeno, a non poterne godere secondo quelle che erano le aspettative ed i presupposti preesistenti al momento della stipula.
Gli interventi governativi in materia locatizia, fino ad oggi, si sono limitati a concedere agevolazioni fiscali in favore degli esercenti la cui attività di impresa è stata sospesa a seguito delle misure restrittive “anti coronavirus”.
Con il “decreto CuraItalia” (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18) è stato concesso un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione di negozi e botteghe (immobili appartenenti alla categoria catastale C/1) pagato per il mese di marzo 2020.
Il credito d’imposta è stato destinato quindi alle sole attività ritenute “non essenziali”, mentre sono state escluse tutte le attività che non hanno dovuto sospendere il proprio servizio in virtù delle imposizioni governative.
La possibilità di modificare il canone di locazione è quindi interamente demandata alle parti, indipendentemente dalla destinazione dell’immobile, sia essa ad uso abitativo, sia ad uso diverso.
Anche la tipologia di contratto (canone libero, convenzionato…) o il regime fiscale (tassazione ordinaria o cedolare secca) non sono rilevanti ai fini delle possibilità offerte dalla normativa.
Oltretutto, le osservazioni che seguono possono estendersi anche ai contratti di locazione di immobile ad uso abitativo, esclusivamente avente carattere finalizzato (ad esempio le locazioni di breve durata ad uso transitorio per studenti).
Ma quali sono le norme e le soluzioni che permetterebbero al conduttore di salvarsi in una situazione del genere?
La via “stragiudiziale”
Per prima cosa bisogna esaminare le caratteristiche dei contratti, dei soggetti coinvolti e se in concreto c’è stata una limitazione oggettiva della possibilità di godere del bene locato, fermo restando che non esiste un automatico diritto a non corrispondere il canone di locazione.
Nel caso in cui tale limitazione ci sia stata il conduttore può valutare di procedere alla richiesta stragiudiziale di riduzione del canone.
Tale richiesta potrà portare ad una consensuale riduzione del canone per un periodo che le parti valuteranno coincidere con le difficoltà oggettive contingenti.
E’ molto importante, in questa fase, munirsi dell’intervento di un legale che ben potrà giustificare la richiesta della riduzione del canone di locazione sulla base del rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto, nonché in virtù di un opportuno riequilibrio del sinallagma contrattuale volto a tutelare la reale funzione e lo scopo del contratto.
Vi è, comunque, da ribadire che, dal canto suo, il locatore ha perfettamente adempiuto alla propria obbligazione che è quella di concedere il bene in locazione; pertanto, una rinegoziazione del contratto o una riduzione del canone per un determinato periodo di tempo, è rimessa al buon senso delle parti.
Ove trovato un accordo, le parti potranno redigere una scrittura privata in cui inserire i termini modificativi del contratto di locazione, specificando il nuovo canone ed il periodo a cui questo si riferisce.
Pur non essendo obbligatoria la registrazione per tale tipologia di atto, si rende opportuna sia per conferire data certa all’accordo e quindi rendere tutelabile in giudizio la posizione delle parti, sia per portare a conoscenza dell’Agenzia delle Entrate il minor reddito che deriverà al locatore in conseguenza della modifica (e di conseguenza pagare una minor imposta).
Il vantaggio di trovare un accordo amichevole, pur nella sua non automatica obbligatorietà, è quello di rendere sostenibile il canone di locazione in una situazione di oggettiva (e naturalmente soggettiva, sussistendone presupposti) difficoltà all’adempimento.
In questo modo il conduttore sarà agevolato nel pagamento del canone, il locatore non correrà il rischio di trovarsi con mensilità non pagate, sulle quali dovrà comunque corrispondere l’intera imposta sul reddito.
La via “giudiziale”
Ove le parti non riescano a trovare un accordo, se il locatore proceda giudizialmente con una domanda di sfratto per morosità e\o un decreto ingiuntivo per canoni scaduti, la difesa del conduttore andrà basata sull’effettive domande avanzate dal locatore.
A livello normativo, potrebbe invocarsi l’art. 1258 cod. civ. il quale prevede che, in caso di impossibilità parziale di adempiere alla prestazione dovuta (nel nostro caso, pagare il canone), il debitore (il conduttore) si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile, quindi pagando un canone proporzionato al godimento concessogli del bene locato.
Tale riduzione andrebbe quantificata in relazione all’importo del canone di locazione e tenuto conto di una serie di fattori, anche spesso soggettivi e di riduzione di fatturato.
Vi è anche la possibilità che sia il conduttore ad agire per primo nei confronti del locatore inviando a quest’ultimo la domanda di mediazione obbligatoria ai sensi del D.lgs 28/2010 ed adire, in caso di mancato accordo, l’autorità giudiziaria, per vedersi riconoscere coattivamente la riduzione del canone dovuto.
All’uopo, sebbene prevista per i contratti a esecuzione immediata, nulla vieta che, anche per i contratti ad esecuzione periodica (qual è il contratto di locazione), possa invocarsi l’applicazione dell’art. 1256 cod. civ (corroborato dalla specifica previsione e richiamo alle tematiche data dall’art. 91 del DL 18/2020).
Tale norma prevede che se vi è un’impossibilità temporanea ad adempiere all’obbligazione, il debitore (nel nostro caso il conduttore) non è responsabile dell’inadempimento finché perdura tale impossibilità ad adempiere.
Sulla base di tale istituto, al termine del periodo di sospensione, dovranno comunque essere corrisposti i canoni arretrati per intero.
Il problema di molti conduttori, che nel frattempo saranno impossibilitati a produrre reddito, non sarebbe certo risolto e comunque una eventuale legittimazione a procedere in tal senso dovrebbe passare attraverso la dimostrazione dei presupposti e non avrebbe certo il carattere dell’automatismo.
Naturalmente ogni fattispecie è particolare e deve essere valutata caso per caso, anche con l’ausilio di un legale.