Il tema del reato di stalking è sempre più attuale e frequente.
In questo articolo (clicca qua) abbiamo già visto come le eccessive molestie, anche se compiute sui social network o tramite le applicazioni di messaggistica, determinano la consumazione del reato di stalking.
La giurisprudenza è in costante evoluzione e tende sempre più a tutelare le vittime di tale reato (spesso donne).
Con la sentenza n. 35790/2018 la Corte di Cassazione, sezione quinta penale, si è espressa sul ricorso di un uomo condannato per atti persecutori nei confronti della sua ex fidanzata, definendo la portata del reato di stalking ai danni di un uomo non ancora rassegnato dalla fine della storia sentimentale.
Come spesso accade, infatti, la fine di una relazione, non accettata da uno dei due ormai “ex” partner, sfocia in comportamenti ossessivi e persecutori ai danni della vittima, costretta a denunciare l’ex compagno per stalking.
Deluso della fine della relazione, nelle due settimane successive alla rottura l’uomo aveva posto in essere una serie di condotte vessatorie, sostanzialmente caratterizzate da insistenti telefonate, messaggi e appostamenti, culminati in una violenta aggressione ai danni della persona offesa.
Secondo i giudici di piazza Cavour, nel contesto di condotte persecutorie e insistenti perpetrati dall’uomo anche l’offerta di doni indesiderati (declinati dalla destinataria) ha assunto un’oggettiva portata molesta.
Il comportamento dell’ex compagno ha costretto la donna a denunciare l’uomo per stalking nei suoi confronti; il Tribunale, in primo grado, e la Corte d’Appello, in secondo grado, rispettivamente, disponevano e confermavano la condanna dell’imputato, dopo un’attenta valutazione degli elementi probatori e un apprezzamento delle deposizioni dei testi, nonché della persona offesa.
La Corte di Cassazione, con la sentenza richiamata, ha confermato la condanna precisando che anche l’offerta di doni indesiderati (e in quanto tali declinati dalla destinataria) aveva assunto un’oggettiva portata molesta, configurandosi quale forma di imposizione e implicita richiesta di ripristino dei rapporti.
La Cassazione rammenta come il delitto di atti persecutori sia configurabile anche quando le singole condotte siano reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo ambito temporale, pur solo in un giorno, costituisca la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice.
In altre parole, non conta se moleste si concentrano in un ristretto ambito temporale e sono volte unicamente a ricomporre la rottura del rapporto; ciò che conta è che la condotta, concentrata anche nell’arco di pochi giorni, sia tale far maturare un perdurante stato d’ansia e di paura nella vittima.
Con la sentenza in esame, il ricorso dell’uomo veniva respinto e veniva confermata la condanna a suo carico.